BERNARDO DANIELA
Storico dell'arte, saggista, curatrice d'arte
PIAZZOLLA PROJECT - MUSICISTI IN PITTURA
Vincenzo Bianchi, Matteo Di Prospero, Oscar di Raimo, Giovanni Tozzi
Nell’ambito del “Piazzolla Project” i musicisti Vincenzo Bianchi al Pianoforte, Matteo Di Prospero all’Organetto e Sassofono, Oscar Di Raimo al Violino e Giovanni Tozzi al Contrabbasso si propongono d’indagare la stretta correlazione tra l’Organetto e il Bandoneón, tipologia di fisarmonica nobilitata da Piazzolla, rigorosamente legata dal compositore all’esperienza innovativa del Tango argentino, al quale muta profondamente i canoni originari definendo i principi essenziali necessari ad un linguaggio classico in grado di superare i confini del suo Paese. L’apporto del Bandoneón al cambio di rotta del Tango viene contemplato dall’ecletticità dell’Organetto, supportato dal bagaglio tecnico e dall’intuizione del suono di ciascun componente del gruppo musicale. Le complesse atmosfere create dal Bandoneón sollecitano un dialogo ricercato e vibrante nell’Organetto che apre agli altri strumenti prospettive inattese appartenenti ad un intellettualismo dal timbro drammatico a volte guidato dal Pianoforte, “anima dalle molte corde” e rimarcato dal raffinato virtuosismo del Contrabbasso. In altre circostanze è il Violino che figura struggenti lirismi accompagnando il quartetto a vestirsi di cromie tonali di poetica purezza. Il pathos s’intensifica quando i musicisti s’addentrano nella misteriosa melodia dal suono amaro e possente di Adiós Nonino (Farewell Father). La celebre composizione scritta da Piazzolla alla morte del padre, interpretata con malinconica passionalità, viene affidata dal Bandoneón agli Archi che cristallizzano nell’eternità la memoria del dolore.
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Talora, originando effetti fonici dissonanti, accompagnati da improvvisazioni jazz e contaminazioni da altri generi musicali, l’ensemble confida nel difficile tracciato indicato dal maestro argentino: “un mezzoforte deve essere forte, un forte fortissimo e un fortissimo sforzato”. Modello dove brevi pause valorizzano il significato del silenzio accentuando il fondamento del sound che trova vigoria anche nell’impiego del contrappunto e di un uso assiduo dell’ostinato. Studiando lo stile interpretativo peculiare di Piazzolla, che offre la chiave di lettura a quell’immediata sintonia che s’instaura con l’ascoltatore, le voci, dichiaratamente soliste, perseguono una proposta polifonica che, seppur tesa verso un criterio di originalità, possa preservare i codici imposti dal compositore.
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Nei momenti di elevazione più alta i diversi strumenti raccontano di un modo virile di fare musica e celebrano sul palcoscenico melodie pressanti che si propagano nello spazio dalle molteplici dimensioni che, come specchi prismatici, riflettono non più onde sonore, ma sensazioni visive ricche di energia vitale. È un impegno intellettuale che fa scaturire dalle note evase dagli spartiti quanto di più interiore si possa riscontrare nell’essere. Il progetto trova consonanza tra le quattro sensibilità che sembrano voler dipingere su di una tela, in uno spazio senza tempo, l’anima di Astor Pantaléon Piazzolla.
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